PALAZZO MUNICIPALE – Robecco sul Naviglio
Restauro conservativo e riuso
Committente: Comune di Robecco sul Naviglio (MI)
Progetto e DL: arch. Maria Mimmo, Luca Bergo, Patrizia Perracchio – Corbetta (MI)
Responsabile di produzione: Roberto De Pascali
Responsabile di commessa: Paolo Maggi
Coordinamento restauratori: Marina Martinelli
Caratteristiche del manufatto
Il Palazzo, noto anche come Villa Scotti, con facciata settecentesca attribuita a Giuseppe Piermarini, è oggi sede del Comune. Il progetto di restauro si è articolato in due fasi: il recupero dell’ala nord, destinando il pianoterra a spazio espositivo e il primo piano agli uffici del Comune, e il restauro conservativo di tutte le facciate, che ha goduto del contributo della Legge Regionale Progetto Naviglio.
Stato di conservazione
Le murature del piano terra erano interessate da notevoli risalite di umidità dal terreno. Le pareti interne intonacate e dipinte apparivano in più zone rimaneggiate, anche con malte cementizie, e distaccate dal supporto. Le facciate erano in parte rivestite da un rivestimento di concezione moderna, al quarzo, e, in corrispondenza delle invasioni umide, l’intonaco risultava completamente distaccato dalla muratura. La nuova destinazione d’uso ha imposto la sostituzione di alcuni solai in legno, con strutture in laterocemento in grado di resistere ai carichi di progetto.
Intervento
I solai in legno mantenuti sono stati puliti, reintegrati, disinfestati, stuccati e levigati, riverniciati; sui pavimenti, ricostruiti per permettere il passaggio degli impianti, sono state ricollocate le finiture originali in cotto. Al piano terra i danni causati dall’umidità di risalita hanno comportato l’eliminazione degli intonaci originali fino a 2,5 m di altezza e la loro sostituzione con prodotti speciali traspiranti a base di calce, previa campionatura dei colori originali, che sono stati riproposti nelle tinteggiature. I serramenti, finestre, persiane, porte e portoni, sono stati tutti recuperati e ricollocati in opera dopo le idonee operazioni di conservazione e integrazione agli standard attuali. Sono stati realizzati i nuovi impianti di riscaldamento e idrico-sanitario. Sotto lo strato più recente al quarzo, sulle facciate sono stati riscontrati gli intonaci originali a base di calce, in buono stato di conservazione, che sono stati recuperati e tinteggiati con i colori storici (giallo arenaria per gli ornati architettonici e rosa chiaro per le campiture). Zone invase da umidità di risalita, rappezzi cementizi, finiture al quarzo e altre incongruenze sono state sanate ed eliminate con il ricorso a tecniche e materiali compatibili. La tinteggiatura è stata realizzata con velature ai silicati di potassio. Gli elementi in pietra arenaria in fase di decoesione e distacco sono stati riparati e protetti.
Le facciate interessate dai restauri che si affacciano sulla corte interna presentano un ricco ed articolato apparato decorativo lapideo in pietra arenaria, che al momento dei restauri appariva in condizioni di conservazione piuttosto precarie, con fenomeni di decoesione avanzata, cadute e mancanze di materiale, rappezzi piuttosto maldestri eseguiti con malte cementizie.
L’intervento sui manufatti lapidei in pietra arenaria scolpita (architravi, balaustre a pilastri e colonnine, cornici, davanzali, basamenti ecc.) è stato realizzato con l’iniziale mirata rimozione dei detriti e dei vegetali infestanti, quindi con un trattamento biocida, ripetuto in più cicli applicati a spruzzo, nelle zone di attacco biologico meno intenso, e a impacco, con supporto di polpa di cellulosa, nelle parti fortemente aggredite da muffe, muschi e licheni. Al trattamento ha fatto seguito un accurato lavaggio e spazzolatura.
Dopo la pulitura, realizzata con diverse tecniche integrate per ottenere la massima efficacia nei confronti dei deturpanti e il minimo danno per la pietra (impacchi, bisturi, spazzolature…), si è passati al consolidamento, in questo caso con prodotto a base di estero etilici dell’acido silicico, applicato a spruzzo, in più cicli successivi per garantire la giusta penetrazione nella pietra. Ridata compattezza al materiale lapideo, si è passati alla messa in sicurezza delle porzioni a rischio o in via di distacco, eliminando i rappezzi fatiscenti e ricostruendo, con malte di formulazione opportuna, le porzioni mancanti, eventualmente armando la ‘protesi’ con perni o reti in acciaio filettato o vetroresina, fissati con resina epossidica.
Hanno fatto seguito le opere conclusive di stuccatura, eseguite con malta a base di calce, polveri di marmo e pigmenti, con effetto estetico mimetico sull’arenaria. Sulla pietra è stato infine applicato un rivestimento protettivo idrorepellente, in questo caso a base di silano/silossano diluito in solvente organico, in grado di garantire una buona capacità di penetrazione, rapida ed efficace idrorepellenza, elevata permeabilità al vapore e perfetta trasparenza nel tempo.